Un tempo era la marcia su Roma. Si fabbricavano camice nere per tutti i militanti. Si ubriacavano le folle dalla loggia di Piazza Venezia con elogi all’impero. Si ricoprivano di travertino le città coi loro viali trionfali dalle geometrie classiche. Un tempo era, insomma, la dittatura: si ammazzava la democrazia, ma era frutto di una studiatissima strategia. (Volendo usare un controsenso, si potrebbe quasi dire che ‘la si ammazzava con classe’). Oggi è il tempo del comico, che ha ottenuto dal berciare alla politica il legante per il suo movimento. Che si è posto come missione l’epurazione della politica a favore della trasparenza. Che vieta agli appartenenti al movimento il confronto tv e soprattutto che afferma: “Chi si pone il problema se io sia democratico, se ne va fuori dal movimento!”. A questo punto della storia ci starebbe il menar l’indice in aria per accompagnare il rimprovero. Beppe Beppe, così non si fa. Come a dire: almeno il duce non si contraddiceva mai.
Grillo appare affaticato, confuso. Sarà ancora provato dalla traversata dello stretto? O dal conteggio dei, seppur esigui, voti delle sue parlamentarie? Ad ogni modo la sua leadership sembra sfaldarsi a suon di nonsense. Vuole essere il megafono aggregante, ma vuole anche dettare legge nel movimento; vuole immettere sconosciuti in parlamento rimanendone egli stesso fuori, ma vuole anche essere l’unico ad avere visibilità mediatica; vuole pulizia e trasparenza, ma poi caccia chi la pensa diversamente da lui, anzi, chi solo prova a dubitare della sua immacolata moralità.
Magari mi sto prendendo un abbaglio, ma non ci sono delle stridenti assonanze con quel partito-persona di cui pretendono il superamento?